Quella volta che @riotta mi ha ritwittato

TL;DR Gianni Riotta è un vanesio incompetente.

Sul web tutti possiamo avere i nostri 15 minuti di gloria. Anche a me è capitato, e tutto grazie a @riotta, l’account Twitter di Gianni Riotta.

Ma facciamo un passo a destra, con un quiz. Sapete indicarmi a quale anno del calendario gregoriano mi riferisco con l’espressione seguente:

Anno XCI E.F.

Dai, lo sapete, non v’è dubbio. È il 1923. MCMXXIII ad essere precisi. In cui succede un po’ di tutto, dal brevetto dell’iconoscopio alla nascita della città di Imperia, dalla crisi di Corfù alla riforma Gentile. E la fondazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Questo è l’evento di cui parliamo.

Il 24 giugno 2013, 90 anni dopo, viene naturalmente celebrata la ricorrenza, in un incontro alla presenza delle massime cariche dello Stato, del Ministro Carrozza e “di componenti del Governo, Parlamentari ed esponenti della Comunità scientifica”. Un incontro di altissimo livello, certo, ma dal programma ancora un po’ noioso se volete, banale nella sua prevedibile carrellata celebrativa e sbrodolativa (come fa intuire il titolo Una festa per il futuro e per i giovani). Ma gli organizzatori se ne devono essere accorti, ed ecco un ospite d’eccezione: Gianni Riotta, (copio e incollo per timore di sbagliare) “Editorialista per La Stampa, visiting professor presso la Princeton University e l’IMT Lucca”. Il giornalista italiano più famoso del mondo parla di Ricerca e innovazione oggi (due argomenti di cui è evidentemente esperto, più esperto di chi l’innovazione e la ricerca la fa di mestiere probabilmente).

Io però, che sono un ignorante, mi domando cosa ci sia da festeggiare nell’anniversario di una istituzione strangolata dal fascismo sul nascere, che senso abbia celebrare senza ricordare (Vito Volterra, per esempio) e in fin dei conti a chi serve una festa della ricerca nel momento in cui la ricerca muore di tagli, di ANVUR, di idiozia. E soprattutto cosa avrà mai da dire un parolaio incompetente come Gianni Riotta, uno che da direttore del TG1 faceva le interviste a Berlusconi che Emilio Fede non aveva mai sperato di saper fare. Uno che siccome qui in Italia lo avevano già messo in tutte le posizioni possibili, hanno deciso di farlo visiting professor altrove. Una prova parlante e twittante del principio di Peter.

Esprimo tutto il mio malriposto sdegno con il più classico degli sfottò, così:

https://twitter.com/stekosteko/status/349232943996219393

Quasi da legge di Godwin, in verità. Associare il lieto evento al calendario fascista. Insinuare che una boiata pazzesca come quella in programma sia “da non perdere”, usando quella maledetta ironia tipica degli hipsters più fastidiosi, che Riotta avrà imparato a conoscere bene a Princeton e a Lucca. E poi avviene l’inaspettato grottesco:

Gianni Riotta (@riotta) ha ritwittato uno dei tuoi Tweet!
Gianni Riotta (@riotta) ha ritwittato uno dei tuoi Tweet!

E i miei 15 minuti di celebrità sono trascorsi con 131750 follower di @riotta che non capivano, non potevano capire. Meno male che @riotta non cancella i tweet dalla sua timeline. Meno male che è un vanesio che ritwitta senza nemmeno guardare chi lo ha menzionato, dando per scontato che sia un suo groupie, ed evidentemente non è così un guru di Twitter come gli piace dare a credere. Meno male che è un incompetente che non sa nemmeno riconoscere il calendario fascista. Meno male che continua a scrivere, perché non è Riotta in sé che mi preoccupa, ma Riotta in me.


Commenti

Una risposta a “Quella volta che @riotta mi ha ritwittato”

  1. Mi hai fatto venire in mente la volta nel blog mi lasciò un commento Scilipoti!

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