L’archeologa. Un topos narrativo piccolo e schifoso

Sembra che a due famosi autori italiani sia piaciuto specificare che la coprotagonista femminile di un loro lavoro è laureata in archeologia. Detta così non c’è niente di male, ma in effetti non mi piace.

Che la pop fiction italiana sia in stato comatoso non sono io a dirlo, ma lo ripeto volentieri, come preambolo.

La piaga in cui oggi vorrei mettere il dito è la “laureata in archeologia”, ed è un topos narrativo piccolo piccolo, un topolino, ma anche schifoso. Dico che è piccolo perché l’ho trovato solo due volte. E magari sono il 100%, non so.

Ma Lucarelli e Carofiglio sono due autori importanti, no? Mi dico che vale la pena di buttare giù questi pensieri.

Ecco qui la prima apparizione: la seconda puntata della seconda serie dell’ispettore Coliandro (2×02), “Sesso e segreti”. La bella Claudia è la gnocca dell’episodio: è laureata in archeologia, ma preferisce giustamente guadagnare 5000 € a serata come escort piuttosto che fare la fame da archeologa. Chiaramente, lui si invaghisce di lei, lei di lui e vanno a letto.

La seconda apparizione, più recente, è nell’ultimo di Carofiglio, “La regola dell’equilibrio”, una performance piuttosto imbolsita, fitta di autocompiacimento (soprattutto letterario-musicale) e cliché, sceneggiatura televisiva anzi che no. E la coprotagonista, l’inverosimile e poliedrica Annapaola Doria, è laureata in Archeologia (con la A maiuscola). Tra l’altro proprio nella pagina successiva gliela dà.

imageOvviamente diciamo subito che non mi è piaciuto trovare questo accostamento, che è per di più un inutile orpello, visto che entrambi i personaggi potrebbero filare tranquillamente senza avere una laurea, o comunque senza averla in archeologia. Non ho niente contro le sex workers belle e spregiudicate, né con le investigatrici private dalla vita amorosa avventurosa. Anzi, proprio perché usare queste due categorie come stereotipo è già penoso, mi sembra ancora più scemo aggiungerci sopra la laurea in archeologia come peperoncino. Certo, la narrativa pop è fatta tessendo stereotipi, quindi da qualche parte dovranno pur pescare…

La laurea in archeologia è sensuale? Esotica? La laurea in archeologia qualifica una persona come … sognatrice? investigatrice? attraente? procace? arrapata? Provo a domandarmelo, a concentrarmi non tanto sulle archeologhe vere, perché che siano un’altra cosa è fuori discussione, ma sulla percezione che il pubblico ha di chi segue questa strada, anzitutto dando per scontato che non ci sia modo di farlo davvero, l’archeologa (o, casomai, che un’archeologa non sia compatibile con una trama pop, anche di genere). Oppure sbaglio tutto, dovrei provare compiacimento? Magari ci sono altre categorie più tartassate e nemmeno lo so, non ci ho mai fatto caso.


Commenti

6 risposte a “L’archeologa. Un topos narrativo piccolo e schifoso”

  1. Ho smesso di leggere Carofiglio dopo aver letto un suo romanzo con una finta suora, bomba sexi e esperta di non mi ricordo più quale arte marziale…Praticamente dragon ball

  2. Avatar archeologo indignato
    archeologo indignato

    beh in effetti è un complotto.. addirittura due (2) casi documentati a distanza di cinque anni … boia… presi di mira eh… ma non c’è un sindacato per queste cose?

  3. provate a leggere invece il mio Cuore inquieto, in cui la protagonista è un’archeologa professioniste, madre, exmoglie, amica, amante, Donna… by, Valeria Manzo…

  4. Per fortuna noi archiviste non ci fila nessuno.

  5. Tutto qui?!

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