Sono vegetariano da due anni

In questi giorni di fine luglio, due anni fa, ho deciso di smettere di mangiare carne e pesce e animali. Per un po’ di tempo, mi sono detto, ci provo. E sono passati due anni. Perché?

Non è stata una decisione improvvisa e penso che siano anni che mi porto dietro l’idea di non nutrirmi più di altri animali, ma l’ho sempre considerata molto difficile da attuare, molto faticosa da spiegare. E invece è stato piuttosto semplice.

Sono arrivato a questa decisione da due strade, il rispetto per gli animali e la convinzione che non esista un futuro per l’umanità carnivora.

Il rispetto per gli animali mi porta a rimanere inquieto sul consumo di prodotti di origine animale, in particolare latticini e uova, poiché la loro produzione su larga scala richiede necessariamente quegli allevamenti intensivi disumani da cui provengono gli animali destinati alla macellazione. Ho quindi grande rispetto per chi pratica una alimentazione vegana e non capisco perché la prima domanda che mi viene rivolta quando dico di essere vegetariano è se io non sia mica vegano, nemmeno fosse una malattia infettiva. Ho ridotto il consumo di latticini, soprattutto lo yogurt che ho sostituito con prodotti alternativi che sono in prevalenza a base di soia. La coltivazione di soia non distrugge le foreste amazzoniche, per inciso.

Le considerazioni planetarie sono le stesse che vengono ripetute da anni nell’ambito del discorso sulla crisi climatica globale. L’allevamento consuma una quantità di suolo enormemente superiore alla superficie richiesta per coltivare le piante in grado di fornire lo stesso apporto nutritivo. L’allevamento produce gas serra. Non cedo ai finti fondamentalismi eco-fascisti e credo che le popolazioni che praticano allevamento tradizionale debbano poter continuare a praticarlo. La stessa cosa non può essere detta per l’allevamento industriale tipico dei paesi occidentali. Queste sono convinzioni personali, che vorrei trovassero sponda in ambito politico.

Sono un archeologo, conosco abbastanza bene la storia della cultura materiale dell’umanità e credo che i cambiamenti culturali che continuamente avvengono siano ben più significativi di qualunque “tradizione” a cui si vuole rimanere aggrappati. La lista delle pratiche oggi ritenute incivili e inconcepibili che “abbiamo sempre fatto” è lunghissima, quindi non c’è nessun ostacolo concettuale ad aggiungerci anche il consumo di carne.

Ora sono un po’ più tranquillo quando mi siedo a tavola.


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