Stefano Costa

There's more than potsherds out here

Faccio l’archeologo e vivo a Genova

Categoria: Libri

Ho sempre letto e scritto molto sin da piccolo. Una volta ho anche scritto un libro. È difficile dire quanti e soprattutto quali libri ho letto, comunque ultimamente sto cercando di tenerne traccia. Non posso dire che mi piacciano dei generi in particolare, nemmeno per i film. Se mi piace, vuol dire che ci trovo qualcosa di bello (e non è detto che sia sempre la stessa cosa a piacermi in ogni situazione).

Questi sono i libri che leggo.

  • I libri e le altre cose che ho fatto nel 2024

    Questa è la solita rubrica che scrivo da molti anni. Ci sono quindi delle puntate precedenti per chi volesse leggerle, non sempre brillanti e non sempre cose che riscriverei oggi.

    Quest’anno per la prima volta mi sono reso conto che scrivere solo la lista dei libri sarebbe stato un po’ riduttivo, perché ho fatto altre cose di categoria “consumi culturali” e non mi piacciono troppo le barriere artificiali. Perché dovrei elencare un libro brutto ma non dire niente di un podcast che mi è piaciuto e di una mostra per cui mi sono messo in viaggio? O perché dovrei fare tanti articoli separati per ogni categoria?

    I libri che mi sono piaciuti

    Avevo iniziato l’anno leggendo L’incendio di Cecilia Sala e Tutta intera di Espérance Hakuzwimana. Il primo mi è piaciuto ma non in modo esagerato, in vari punti e soprattutto nei capitoli dedicati all’Ucraina mi sono reso conto di non essere il destinatario di questo libro, di non fare parte del “noi” collettivo in cui l’autrice ci butta tutti dentro per farci capire la distanza siderale tra l’Italia e i tre paesi in cui ha lavorato (Iran, Ucraina, Afghanistan). E non ne faccio parte un po’ perché alcune delle cose che il libro racconta già le conosco da tempo (perché gli iraniani odiano gli USA…) e so già cosa non va in quello che “gli italiani” nel loro insieme sanno, nel modo in cui lo stato italiano si pone rispetto a tutte queste altre nazioni. Almeno sapevo qualcosa su Cecilia Sala quando è stata imprigionata, sul suo rapporto con l’Iran.

    Tutta intera ha molte sfaccettature. Il libro inizia in modo lieve e poi come un tamburo di guerra inizia a fare sempre più rumore, a narrare le lacerazioni del “fiume calmo” che la protagonista via via prova su se stessa e sul gruppo di ragazzə che, prima a sua insaputa e poi sempre più alla luce del sole le faranno da guida. Una storia vivida di razzismo sulla propria pelle, di una ricchezza umana (e quindi culturale, nel senso più nobile di cultura) che noi, quelli “tutti interi”, non ci sogniamo nemmeno da svegli. La scansione temporale dei capitoli è studiata in modo accurato e le ultime pagine lasciano senza fiato per la ferocia e la speranza che suscitano.

    Raja Shehadeh : Dove sta il limite. Attraversare i confini della Palestina occupata

    Questo libro era in casa da qualche anno, già letto da Elisa. Leggerlo nel 2024 è solo leggermente più assurdo, insensato, mentre lo sterminio del popolo palestinese prosegue senza sosta con la connivenza di tanti Stati occidentali. La finestra di tempo è sempre la stessa, l’unica con cui si può guardare quella parte di mondo, e inizia nel 1948.

    Silvia Avallone: Acciaio

    Incredibile, veramente incredibile.
    Riuscire in mezzo a queste pagine a stare male, malissimo per la tragedia smisurata che vivono le persone, tutte a modo loro protagoniste. Riuscire a gioire con le lacrime agli occhi per le loro felicità, il loro amore…
    Mi ha fatto male solo cercare in rete il nome dell’autrice e scoprire che ha esattamente l’aspetto che mi immaginavo per una delle due protagoniste. Ha reso in qualche modo ancora più lucido tutto il profondo senso di realtà e di umanità.
    Come in Cuore nero ho trovato toccante il racconto finemente tessuto di una adolescenza viva, piena, dolorosa e al tempo stesso carica di felicità incontenibile. Mi tocca anche leggere nero su bianco le strade che si dividono nei percorsi scolastici e di vita. Le vite spezzate per sempre e quelle spezzate da sempre nel logorio della provincia (come Tre).
    Mi ricordo quando passavo parecchio tempo vicino a Piombino ed era uscito questo libro. Come sempre senza un motivo, non l’ho letto e non mi sono nemmeno domandato se mi potesse interessare. Ogni cosa ha il suo tempo, anche i libri. Anche le navi.

    Laura Pugno : Sirene

    Inquietante e meraviglioso. Mi è piaciuto il tema apocalittico tessuto tra biologia e psicologia. Mi è piaciuto che sia un racconto distopico con elementi fantastici. Ho trovato ripugnante il modo in cui la Yakuza e soprattutto gli uomini sguazzano in un potere cruento e senza limiti, ripugnante il modo in cui le donne sono trattate come merce.
    E le sirene: incredibili creature, descritte in modo un po’ preciso e un po’ vago, con questo comportamento riproduttivo che mette in posizione dominante le femmine/madri. Mi ha colpito il modo inquietante in cui attirano tuttə lə umanə, in cui mandano in tilt sia le élite dominanti che smaniano per controllarle sia i gruppi marginali che vorrebbero difenderle.
    Samuel mi è sembrato mosso da dolore e follia, la sua parabola è in gran parte crudele e assurda ma nel finale compie un sacrificio che mo è sembrato purificatore. È una figura tragica, disperata.

    Victoire Tuaillon : Fuori le palle. Privilegi e trappole della mascolinità

    Un libro potentissimo, pesante, faticoso, doloroso, indispensabile, scritto in modo scorrevole e fa venire voglia di ascoltare il podcast. Mi è dispiaciuto solo che si affronti poco, a maggior ragione nella bella traduzione “critica” italiana, il ruolo della religione cattolica.

    Neige Sinno : Triste tigre

    Dolorosissimo. Via via che il testo prosegue è sempre più immenso. nel libro è descritto molto bene il muro che separa chi sa di avere sempre dalla sua il privilegio di essere al sicuro, e chi sa di essere sempre in pericolo. È un muro intersezionale.

    Valerie Perrin : Tre

    Erano anni che volevo capire cosa stava dietro la copertina di questo libro, un autentico best seller. E sono contento di averlo finalmente letto. C’è la provincia, la fuga dalla provincia, essere sfigatə ma avere chi ti vuole bene, tenersi dentro segreti più grandi di te per troppo tempo, i corpi delle ragazze e dei ragazzi. Fare musica. Non mangiare animali. Insomma, mi è piaciuto moltissimo! I protagonisti hanno la mia età attuale, c’è musica a pacchi, adolescenza perduta. Ci ho trovato tanti legami con Cuore nero.

    Silvia Avallone : Cuore nero

    Questo libro è veramente molto intenso, gonfio di purezza, liberatorio per come ad ogni pagina si smonta qualcosa di rotto per farne altro. Ho pianto almeno 30 volte durante la lettura. La costruzione della cronologia alternata tra passato e presente, che ormai è un tratto distintivo di tanta narrativa, è molto raffinata.
    A tratti ho pensato che sia più sincero sulla montagna questo romanzo di tanto Cognetti.

    Viola Ardone : Grande meraviglia

    Ho visto Oliva Denaro nella trasposizione teatrale, ma è il primo libro di Viola Ardone che leggo. L’ho trovato molto toccante e commovente, soprattutto per la fragilità del protagonista.

    Mario Lodi : Il paese sbagliato

    Un libro che ho conosciuto tramite Sandro Ciarlariello e che mi interessava molto visto che ho due figli all’inizio del percorso di scuola. È una vera bomba, accurato, un testo politico di altissimo livello e il racconto di una scuola come poteva essere.

    bell hooks : la volontà di cambiare

    Il libro è di lettura scorrevole ma la forma risente molto del modo in cui sono scritti i saggi in inglese americano (un po’ come ho notato per David Graeber). Quindi la stessa frase torna più volte nel giro di poche pagine. Il contenuto di questo libro è una bomba e non stupisce che sia rimasto fino a poco tempo fa non tradotto. Andrebbe contestualizzata meglio la figura dell’autrice, perché solo dopo un po’ si capisce la profondità della condizione intersezionale di donna nera, il rapporto conflittuale con il femminismo bianco. Questo è un libro scritto per gli USA e quindi alcuni concetti presentati come universali sono forse un po’ zoppicanti altrove, ma è comunque un riferimento importante. Molte idee sono le stesse promosse dall’associazione Maschile plurale, che ho sentito sul podcast di Internazionale qualche settimana fa. Molte sono quelle raccontate dal padre di Giulia Cecchettin. Il libro parla di tanti aspetti di mascolinità tossica che mi riguardano, soprattutto nel rapporto tra genitori e figli. Ora io sono il padre.

    Ho finito il 2024 leggendo l’incommensurabile Solenoide di Mircea Cărtărescu. Piccola parentesi: erano anni che volevo trovare libri di narrativa romena ma per mia incapacità non ci ero riuscito. Quando c’è stata la premiazione del Nobel ho letto il nome di Cărtărescu tra i possibili vincitori, e mi sono subito messo a leggerlo.

    Le mostre

    A ottobre c’è stata una mostra sull’archeologia di Imperia a Imperia. Ci tengo molto perché l’ho fatta io insieme al mio ex collega Luigi Gambaro con un grande lavoro di tante altre persone. Non è durata molto ma è stata importante per la città.

    A dicembre siamo andati a vedere una mostra di Tina Modotti a Bologna, e anche se lei è molto conosciuta non avevo mai capito attentamente l’importanza e la varietà della sua vita, come fotografa e non solo. Ne ho approfittato per andare a visitare anche quella su Dominique Goblet all’ex chiesa di San Mattia, che mi è piaciuta moltissimo, ho anche acquistato il volume pubblicato da Sigaretten.

    I podcast

    Per una parte del 2024 ho avuto degli auricolari bluetooth funzionanti, e ho ascoltato parecchi podcast: Antennapod dice che ho passato 97,6 ore ad ascoltarli.

    Sicuramente quello più notevole è stato C’è vita nel Grande Nulla Agricolo, di cui ho ascoltato le prime tre stagioni in attesa della quarta. È un podcast indipendente ma molto curato, mi ha rapito subito per la colonna sonora che mi ha fatto venire in mente Fuga da New York, l’ambientazione nella provincia profonda, l’orrore in agguato nei vecchi misteri del paese tra personaggi assurdi e atterraggi alieni. D’altra parte sono cresciuto nel “paese dei marziani”…

    Ho ascoltato Polvere, dedicata all’omicidio di Marta Russo. Non amo il true crime ma qui il tema principale si sdoppia tra una giustizia che non sa funzionare e decide di accanirsi su qualcuno che deve essere colpevole, e dall’altro il funzionamento intimo della nostra memoria, che è molto molto più fragile di quello che ci hanno insegnato a credere. È scritto molto bene.

    TOTALE è un podcast “varietà” che affronta in ogni puntata un tema di attualità. Jonathan Zenti è molto bravo e pungente, riesce sempre a portare il discorso oltre i limiti che uno si aspetta all’inizio. Il tema portante è che se non ci salviamo dal capitalismo tutte insieme, il capitalismo continuerà la distruzione già in atto.

    Love bombing lo avevo già iniziato negli anni precedenti ma ho proseguito l’ascolto. Non è un podcast semplice, perché le storie sono sempre dolorose e a volte l’unico “lieto fine” è quello di riuscire almeno a raccontarle, ma non sempre. Io ne raccomando l’ascolto perché affronta in modo serio, documentato e rispettoso temi molto gravi che ruotano intorno alla stima di sé, alla gestione delle relazioni tossiche in coppia o in gruppo, alla ricerca del benessere, senza distinzioni di genere, di età, o altro.

    Sonar è un podcast de Il Post in cinque puntate sui cetacei e sui capodogli in particolare. Racconta molte cose interessanti sui modi di comunicare tra animali e cetacei in particolare, sul modo in cui per molto tempo questi animali sono stati sterminati fino a metterne in pericolo la sopravvivenza, sulle differenze di linguaggio tra diversi gruppi sociali e clan. L’ultima puntata sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la comprensione del linguaggio dei capodogli mi ha lasciato un po’ perplesso.

    L’invasione è un altro podcast de Il Post, dedicato agli indoeuropei. Il titolo è molto forte, e secondo me è una scelta appropriata. Si sviluppa in cinque puntate tra archeologia, linguistica e genetica, tutte ben documentate. Lascia un po’ perplessi l’ultima puntata dove tutto quello che è stato raccontato sembra venire messo da parte per dire che in fondo gli indoeuropei si sono affermati in modo graduale e indolore (o comunque non più doloroso rispetto alle consuetudini del tempo), ma senza spiegare perché siano riusciti a cancellare quasi tutte le altre lingue della vecchia Europa. Insomma, per essere spiegato bene l’ho trovato un po’ inconcludente.

    10 e 25 è un podcast di Slow News, a cui ho anche contribuito con una donazione. Parla della strage di Bologna del 2 agosto 1980, a partire dalle testimonianze di chi era lì, e poi via via si passa ai depistaggi, alle trame eversive dei fascisti, alla P2 di Licio Gelli e infine, ma non viene spiegato molto bene, anche della CIA (fatto che non può sorprendere nessuno), il più ampio dei “cerchi concentrici” che sono stati descritti dalla magistratura. Peccato che non ci sia una ultima puntata riassuntiva. C’è un archivio consultabile di tutti i documenti.

    Ci sono poi alcuni podcast “correnti” come Il Mondo di Internazionale, Il giusto clima su Radio Popolare con Gianluca Ruggeri di ènostra, Stories di Cecilia Sala, il Nuovo baretto utopia di Kenobit. Tutti diversi, li ascolto spesso, anche se mai a cadenza fissa.

    I film

    Siamo andati al cinema a vedere Diamanti di Ozpetek, un regista che non mi piace particolarmente (da profano del cinema, i suoi film mi sembrano un po’ tutti uguali). Questo invece è molto particolare e potente, liberatorio.

    Ho visto su RaiPlay. Il film è ambientato lungo le coste della Croazia. Una vacanza estiva in barca tra tre ragazze italiane prende una brutta piega dopo la partenza spensierata. O forse la brutta piega era insita nell’incipit di un viaggio lontano dalla città, dalle famiglie e dalle altre amicizie ma costantemente rilanciato in rete tra social, stories, follower e compagnia. O forse la brutta piega è quella che hanno preso le vite delle persone di 20 anni o giù di lì, almeno questo sembra volerci dire il film. Vite schiacciate tra ansia da prestazione globale, paura di rimanere fuori e complessiva solitudine. E vite in cui essere giovani e belle non basta mai. I dialoghi misti in italiano e inglese creano una atmosfera strana e danno un ritmo tutto sommato lento, come le onde del mare.

    Le serie

    Non sono mai stato appassionato di serie.

    Nel 2024 ho guardato Silverpoint, una serie per teenager a tema fantascienza e mistero. Episodi brevi, molto semplice e leggera, ma è simpatica.

    Il teatro

    A marzo abbiamo visto “Pa’”, uno spettacolo su Pierpaolo Pasolini, o forse sarebbe meglio dire con Pasolini. Luigi Lo Cascio interpreta Pasolini in versi e ossa. Non siamo arrivati molto preparati ed eravamo anche un po’ stanchi, ma lo spettacolo è intenso e, passatemi il termine, difficile. La recitazione è a ritmo serrato e in metrica: anche le frasi più semplici diventano piccoli scogli da scalare. Il percorso è autobiografico, da un momento antecedente al concepimento fino alla morte, forse oltre la morte stessa. Viene portato in scena un Pasolini molto intimo e profondamente lirico, anche quando questo si manifesta in modo eccessivo. Ma i passaggi politici, che ruotano intorno alla morte del fratello, sono potentissimi e tragicamente attuali.

    Ad aprile abbiamo visto insieme Oliva Denaro. Ambra Angiolini è molto brava, e lo sapevo già ma non mi era ancora capitato di vederla dal vivo. È uno spettacolo forte e molto attuale.

    In autunno ho visto Roberto Zucco, molto cupo e tragico. È un’opera complessa di cui non sono riuscito a capire tutto, avrei avuto bisogno di una spiegazione.

    Infine ho visto La traiettoria calante. Uno spettacolo in forma di monologo che parla del crollo del Ponte Morandi a Genova. L’autore/attore è giovane e molto bravo, ma non mi è piaciuto molto il modo in cui veniva affrontata la tragedia, quasi da standup comedy.

    I viaggi

    Abbiamo visitato diverse città: Ravenna, Milano, Roma, Bologna, in modi e tempi diversi, qualcuna in giornata, altre per più giorni.

    Abbiamo fatto una vacanza estiva in Corsica, l’ultima volta ci eravamo stati nel 2007.

    Un po’ è un privilegio, si capisce, poter fare così tanti viaggi con tutta la famiglia. Un po’ anche una questione di priorità, per noi soprattutto conta andare in giro e vedere posti diversi e persone diverse, anche senza fare cose complicate.

  • I libri che ho letto nel 2023

    I libri che ho letto nel 2023

    Fine anno, tempo di elenchi (bilanci, no). Nel 2023 ho letto pochino.

    David Graeber, Debito

    Questo è il libro che mi ha impegnato per più tempo. È un saggio, ed era da tempo che non leggevo un saggio, non sono più abituato allo stile e all’impegno richiesto. È un testo rivoluzionario a livello sociologico e psicologico (smonta il senso di colpa!) ancora più che a livello economico. Ha uno stile abbastanza scorrevole (per me) ma comunque è denso di nozioni, confronti tra fatti e conseguenze scagliate come frecce ad ogni pagina. Non conoscevo David Graeber prima della pubblicazione postuma del libro L’alba di tutto (The dawn of everything), scritto a quattro mani con l’archeologo David Wengrow. Ho pensato che non ci fosse nessuna fretta e fosse invece un bene partire da qui per conoscere il lavoro di Graeber, e sono contento di averlo fatto.

    Enzo Barnabà, Morte agli Italiani!

    Il massacro di Aigues-Mortes, che il 17 agosto 1893 costò la vita a nove operai italiani linciati da una folla inferocita, rappresenta un episodio capitale nella storia dei rapporti tra l’Italia e la Francia.

    Questo libro di Enzo Barnabà è breve, preciso e senza orpelli.

    Racconta la tragedia del massacro di Aigues-Mortes, le premesse che lo hanno reso possibile, le conseguenze che ebbe in Italia capaci di sconvolgere gli assetti politici sia del governo sia delle giovani formazioni socialiste.

    Lucia Tozzi, Dopo il turismo

    Questo libro è stato scritto di getto nei mesi del lockdown. Trafigge come una spada convinzioni e luoghi comuni, in modo anche un po’ crudele. Il turismo è insostenibile. Distrugge le comunità delle persone, i luoghi abitati da queste comunità.

    Sono passati appena 3 anni e sembra la cronaca della rivoluzione mancata di un altro pianeta. Abbiamo già dimenticato tutto quello che è accaduto e quello che avrebbe potuto accadere.

    Il libro può essere “acquistato” gratuitamente in formato ePub dal sito dell’editore nottetempo.

    Luca Mercalli, Salire in montagna

    La cosa che mi fa incazzare di questo libro è che è scritto da una persona di cui avevo una stima incondizionata, frutto di altre letture (non della trasmissione televisiva). Ma questo libro sembra scritto da Paolo Rumiz. Infatti Mercalli ce l’ha con chi abita in montagna, con chi non ci abita più, con chi non ci abita e non ci ha mai abitato. Lo scopo principale del libro è lamentarsi della burocrazia che gli impedisce di costruire la sua seconda casa, dove può trovare riparo dalle zanzare della sua abitazione indipendente di pianura. Salire in montagna sarebbe un antidoto al riscaldamento globale, dice il sottotitolo, ma se va bene dire una fesseria del genere al bar, trovarlo propagandato da un climatologo fa per l’appunto incazzare. Le montagne tutte e in particolare le Alpi sono uno degli ecosistemi più fragili di fronte al cambiamento climatico, e per fortuna questa semplice nozione fa capolino qua e là tra le pagine del libro. Costruire una casa recuperando un edificio storico invece che buttarlo giù è una bella cosa, molto costosa (ma Mercalli alla fine non ci dice quanto) ma ne vale la pena perché potremmo ripopolare la montagna lavorando al computer, secondo la logica deformata di questo libro. Non ne sopporto l’idea di fondo perché è la propaganda di una idea individualista, come se i venti milioni di abitanti della pianura padana potessero trovare spazio per la loro seconda casa sulle montagne e salvarsi così tutti dal riscaldamento globale (che li lascerà comunque a morire di fame). E nelle prime pagine è riportata virgola per virgola una pseudoetimologia sull’idronimo della Dora presa da Wikipedia, che mi ha reso da subito indisposto. E non c’è nemmeno una carta geografica.

    Assia Djebar, Bianco d’Algeria

    Questo libro è sicuramente quello che ho faticato di più a leggere, nonostante non sia molto lungo. Trasuda nella sua componente principale un dolore immenso, il dolore di un popolo intero. Parla dello sradicamento ineludibile di chi deve usare la lingua degli oppressori per esprimersi, anche quando questa espressione raggiunge livelli altissimi e anche quando gli oppressori francesi si manifestano come la più grande sciagura mai accaduta al popolo algerino. Parla di profondissimi legami con le persone che per la libertà hanno messo tutto il proprio corpo e non solo il proprio intelletto, a costo di perdere la vita.

    Chinelo Okparanta, Sotto gli alberi di udala

    Questo libro inizia con una carta geografica della Nigeria, e questo potrebbe essere sufficiente a metterlo vicino al mio cuore (perché mi piacciono molto le carte geografiche). Ritrovo il Biafra devastato e dilaniato dalla ferocia della guerra civile di Metà di un sole giallo, con un pesantissimo supplizio in più. La protagonista è costretta a vivere con crescente angoscia la propria omosessualità, perché in Nigeria è un peccato mortale che viene punito in modo sommario, anche con linciaggi. Ma nella seconda parte si riaccende la speranza. È la stessa Africa dove oggi vacilla un po’ il colonialismo europeo.

    Beata Umubyeyi Mairesse, I tuoi figli ovunque dispersi

    Anche questo libro è un racconto di sradicamento, che attraversa più generazioni. Tra Ruanda e Francia, tra nonna, madre, figlio, la protagonista trova un senso, anche linguistico, al proprio passato e al proprio futuro, nonostante il trauma del genocidio, della fuga dal genocidio e dello sradicamento che ne deriva. Bellissimo, straziante e lucido.

    Gabriela Wiener, Sanguemisto

    Anche questo libro è un racconto di sradicamento, che attraversa più generazioni (non ho sbagliato a fare copia e incolla). È un libro molto forte che si aggancia quasi chimicamente con letture accademiche che sto facendo in questo periodo, su archeologia e colonialismo (in Italia non esiste il postcolonialismo). Ma è anche un tripudio agrodolce di femminilità.


    Inizio il 2024 leggendo L’incendio di Cecilia Sala e Tutta intera di Espérance Hakuzwimana.

  • I libri che ho letto nel 2022

    E vai, quest’anno la lista è più lunga. Ho letto di più, mi sono dedicato più assiduamente alla lettura in molti momenti dell’anno. Arrivato a fine anno i libri che ho letto a gennaio mi sembrano ricordi di un passato remoto!

    The short comments are half in Italian and half in English for no good reason, it’s just how I happened to write them down.

    Elena Ferrante, Storia del nuovo cognome. Storia di chi fugge e chi resta. Storia della bambina perduta

    Non ho veramente niente di intelligente da dire. In questi libri c’è tutto, ogni persona che vive o passa dall’Italia dovrebbe leggerli, soprattutto per il femminismo ma anche per tutto il resto.

    Elena Ferrante, La vita bugiarda degli adulti

    Very convincing, as reminiscing as it can be of “L’amica geniale” series that I read last year. The reel of emotions, high and low, the teenager protagonist goes through is both familiar to me and firmly foreign – because it is centered on female bodies and experiences of trauma.
    Naples is the permanent background, even though it’s mostly in a dualistic perspective of rich versus poor parts of the city.
    I’m so happy that there are more books by Elena Ferrante I yet have to read.
    (I was going to write something totally different in Italian, but out of respect for the nice people here I forced myself to write in English.. the short comment above is not bad, just different from what I had in mind)

    Tina Merlin, Sulla pelle viva

    Un libretto pesante come una montagna. Una denuncia feroce, umana, precisa di chi ha scelto di mandare a morire una valle intera con i suoi abitanti. Un documento storico importantissimo che ripete in modo innegabile chi sono stati e chi sono i maledetti infami di cui l’Italia deve liberarsi ancora oggi.

    James Ellroy, La collina dei suicidi

    I postponed reading this book for several months because even the title made me uneasy.

    The third book about Lloyd Hopkins is more violent than the previous two. It’s less about complex thought processes and understanding the mind of a criminal, and more about swimming in a dark pool filled with corpses old and new. Enemies of the protagonist are now almost all other members of the Police department.
    In a sense it’s more human than previous books, perhaps because Lloyd finally stops being a sexual predator.

    Igiaba Scego, La linea del colore

    Bellissimo, denso, multiforme, metaletterario, femminista, e infine tipograficamente appagante.

    Il “making of” conclusivo è una ulteriore prova della grandissima Igiaba Scego. Mi stupisce che non ci sia scritta la parola “intersezionalità” nonostante il libro ne sia densamente intriso.

    Andrea Campanella, Gli «eroi» sono finiti

    Mai giudicare un libro dalla copertina. Questo libretto comprato usato a 1 € mi ha fatto esplorare un cliché letterario già noto in autori ben più blasonati, quello dei fascisti che proseguono a fare i loro sporchi traffici dopo la fine della guerra. È un cliché ma anche una verità storica che qui si mescola a un poliziottesco non male. Tutto ambientato in Liguria, che un po’ ci vuole.

    Claudio Bo, Balbiquattro

    Lettura abbastanza pesante, sia per il linguaggio ricercato e merlettato sia per la ripetitività del discorso, ma qualche passaggio gradevole nella scoperta dei luoghi del protagonista. Francamente imbevibile tutto il resto, per quanto probabile genuina memoria romanzata del periodo.

    Marguerite Duras, L’amante

    La brevità fa di questo libro un coltello ancora più affilato. La crudeltà di tutto è immensa, dalla famiglia, all’amore impossibile, al dominio coloniale, all’impossibilità di comunicare alla tragica morte dell’immortalità.

    Armando d’Amaro, Genova indagine sotto le bombe

    Un altro giallo Frilli, questo un po’ meno pretenzioso ma comunque aveva così tanti elementi che mi tornavano familiari che ho pensato persino di regalarlo a una collega: Genova, il finalese e le sue grotte, le campane, il funzionario della Soprintentendenza.

    Abdulrazak Gurnah, Sulla riva del mare

    Non c’è molto da dire sul libro scritto da un premio Nobel. Ma mi sento di dire che ho scoperto un altro ruscello di letture a cui attingerò nei prossimi anni. Anche questo è un libro africano, anche questo ibrido, figlio di due continenti. C’è un passaggio sull’archeologia, che ho condiviso con un gruppo di amicɜ, con loro grande diletto per la finezza con cui descrive quello che cerchiamo di capire:

    Ma, pur sbiadite e incrostate, restano tuttavia tante linee, che sembrano frammenti ancora più scarsi del tutto: un lampo caldo nell’occhio quando la faccia è scomparsa, un odore che richiama una musica dalla melodia inafferrabile, il ricordo di una stanza quando la casa e la sua ubicazione sono ormai dimenticate, un pascolo vicino alla strada in mezzo al nulla. Così il tempo smembra le immagini del nostro tempo. O, per dirla in maniera archeologica, è come se i dettagli della nostra vita si fossero accumulati a strati e adesso alcuni strati fossero stati portati via dalla frizione di altri avvenimenti e pezzi di materiali a caso restassero ancora, qua e là, senza ordine.

    Liza Marklund, Perla nera

    This book starts throwing so many things in your face at once: geography, family, rape. It’s pleasantly out of my comfort zone (?!). I’ve heard it’s a bit different from Marklund’s other books. Ultimately it’s a hymn to infinite love, travel and Ken Follett.

    Chimamanda Ngozi Adichie, Metà di un sole giallo

    Ho letto finalmente “Metà di un sole giallo” di Chimamanda Ngozi Adichie. Era da diversi anni che era nella lista dei libri da leggere, più o meno da quando ho letto per la prima volta Chinua Achebe. Un paio di anni fa avevo solo letto un suo saggio che si chiama “Dovremmo essere tutti femministi”.

    Questo libro è maestoso. I protagonisti sono i personaggi principali e sembra in certe parti della loro storia che riescano a controllare eventi più grandi, sulla scia dell’entusiasmo politico, dell’amore, dell’amicizia. L’impianto cronologico, con la sua alternanza tra il prima e il dopo, mi ha suscitato un sentimento di attesa e compassione per quegli eventi di cui già conoscevo per sommi capi il seguito. Ma tra i sommi capi si annidano molte storie, fatte di debolezze, di tradimenti, di incredibile generosità. E quelle danno trama e senso a tutto il romanzo.

    La vicenda storica del Biafra è di quelle molto conosciute ma di cui, in maniera impeccabile nello stesso libro è scritto, siamo più abituati a conoscere le immagini che hanno reso famosi i fotografi che non le persone, tutte quelle morte e tutte quelle sopravvissute.

    Il libro ha una sottotraccia molto esplicita, ovvero la scrittura stessa. Come si fa a scrivere di una guerra così atroce? Chi può essere in grado di scriverne? La risposta sembra essere: solo chi ne ha attraversato di persona le atrocità in prima persona. E la figura di Ugwu, che ho trovato in assoluto la più tragica, è proprio quella che sembra dare maggiore senso alla storia. La scomparsa nei capitoli finali, senza soluzione, è un elemento di angoscia difficile da dimenticare.

    Chimamanda Ngozi Adichie, Americanah

    There are separate parts of this book that have their own identity. When reading through the final chapters I wondered if this was really the same book I had started a few weeks earlier. This is to say, the protagonists have a powerful way of growing up and becoming something different as the story progresses.

    What stuck with me the most was how Ifemelu was “not Black” until she arrived in the USA.

    Mariama Bâ, Amica mia

    Trovo ogni tanto dei libri negli scaffali dei miei suoceri che prendo in prestito per la lettura, e scopro autrici che hanno un posto importante nella letteratura mondiale. Questo libro è uno di quelli.

    The writing is plain and moves forward slow and easy, but don’t be deceived. Each page is like a heavy stone, a new turn of the “plot”. The narrator sits, mourning and yet powerful thanks to her own writing.

    Each page until the very end is so strong and deeply ties together the personal sphere and the political. The pregnancy of the young daughter of Ramatulaye is the final step in this woman’s liberation journey away from traditional roles and preconceptions.

  • I libri che ho letto nel 2021

    Ci siamo, l’anno 2021 è finito da un po’ e sto scrivendo la lista dei libri che ho letto. Questa lista è dedicata a due persone che mi hanno detto di averla letta negli anni scorsi, A. e M.

    Quest’anno ho tenuto traccia dei libri letti e desiderati in un modo nuovo, su un nodo BookWyrm. Ho pensato che avrei potuto leggere 12 libri e ne ho letti 12, ma più che la quantità mi ha dato soddisfazione la continuità. Sono anche riuscito a leggere più lentamente, a rileggere lunghi capitoli e persino un libro intero perché avevo la sensazione di averli letti troppo in fretta.

    Avevamo lasciato il nostro lettore alle prese con Seni e uova.

    Mieko Kawakami, Seni e uova

    Ho impiegato diversi mesi a leggere “Seni e uova”. È un libro monumentale, non solo per le dimensioni.

    Cosa vuol dire nascere, cosa vuol dire diventare donna ed esserlo, cosa vuol dire diventare madre, cosa vuol dire diventare padre. Sono tutte domande a cui ho pensato leggendo questo libro.

    E poi, anche come si fa a scrivere libri ‒ questo è un altro dei tanti fili che legano le pagine dall’inizio alla fine.

    I dialoghi di “Seni e uova” sono più che scambi di parole. Ognuno trova il modo di dire tutto quello che ha da dire, e lo fa in modo straripante, e paralizza essere di fronte a questi lunghi discorsi dove i punti di vista vengono costruiti in modo dettagliato, feroce e liberatorio.

    Fatema Mernissi, L’harem e l’occidente

    Questa è una lettura che mi era stata consigliata due anni fa nel fediverso. Breve, tagliente e diretto, il resoconto di come Scheherazade si sia annacquata mentre veniva trasportata ad Occidente (Scheherazade goes West, è il titolo originale), come una eroina si sia trasformata in una macchietta di pensierini insulsi nella testa degli uomini bianchi.

    Ursula K. Le Guin, Le tombe di Atuan

    Come mi sono promesso, ho continuato la lettura della saga, mi sono immerso nel mondo di Terramare e ho trasportato di qua e di là il librone che lo contiene praticamente tutto. Che meraviglia. Ogni libro è una storia dall’inizio alla fine e vive di vita propria, ma i fili che legano luoghi e persone sono lunghi e profondi.

    Ursula K. Le Guin, Il signore dei draghi

    Questo è il libro della saga che ho trovato più cupo, nonostante Le tombe di Atuan si svolga in gran parte sottoterra. Al centro dell’apoteosi di Ged e della nascita di una nuova guida per Terramare c’è un rapporto di fiducia che è messo in difficoltà e in dubbio dai due protagonisti. E questo è molto più inquietante di una caverna oscura o dell’aldilà.

    Ursula K. Le Guin, L’isola del drago

    Quando ho iniziato a leggere questo libro ho finalmente capito che Le Guin ha dato una forma di alternanza alle parti della saga, maschile, femminile, maschile, femminile. Questo libro è molto femminile: segue Tenar come protagonista, sia nelle gesta eroiche sia in quelle più semplici nella casa e nella campagna. Tenar salva la piccola Therru, la vittima di una orribile violenza che rimane a lungo traumatizzata, e anche questo è drammaticamente femminile. Finale epico.

    Ursula K. Le Guin, I venti di Terramare

    L’ultima parte che conclude la saga è di trasfigurazione. Ho letto due volte il libro perché la prima lettura era stata troppo frettolosa, e perché volevo seguire bene il viaggio dei protagonisti. Una storia che inizia con una brocca rotta non può che catturarmi, d’altra parte. Ho fatto un po’ fatica a seguire con attenzione i nomi dei vari Maestri, e ho confuso un po’ il Maestro delle Mani e quello dei Modelli. Sorrido pensando a come viene sconfitta la Morte qui con una vaga reminescenza del finale un po’ ridicolo del Cannocchiale d’ambra (che non rileggerei affatto).

    Ursula K. Le Guin, Leggende di Terramare

    La raccolta è proprio quello che ci si aspetta per dare spazio alla costruzione del mondo di Terramare. Funziona tutto molto bene, le mie storie preferite qui sono state quelle di Lontra/Medra e di Libellula (che in lingua originale è più direttamente evocativo della protagonista).

    James Ellroy, Perché la notte

    I personaggi sono piuttosto inquietanti nel loro delirio reciproco, e il modo in cui Lloyd stesso deve ancora una volta seguire istinti fuori dalle regole è particolarmente ben sviluppato.

    Mieko Kawakami, Heaven

    “Heaven” è appena uscito, il nuovo libro di Mieko Kawakami.

    Non è stato facile leggere “Heaven” perché è un romanzo veramente molto diretto e mi ha buttato dentro alcune tematiche che faccio molta fatica ad affrontare serenamente, come il suicidio, la fiducia negli altri, chiudersi in se stessi. Pur essendo molto più breve del precedente romanzo ne ripropone lo stile grandioso, i lunghi mono-dialoghi in cui alcuni personaggi espongono nei minimi dettagli tutto quello che pensano di un determinato argomento, spesso in modo brutale. La mia memoria di alcuni episodi e periodi di bullismo scolastico, ben più leggero di quello affrontato dai protagonisti, è ancora viva. Qui invece andiamo proprio dentro il quotidiano dentro la testa di chi subisce, e per un po’ anche dentro quella di chi massacra gli altri. È molto duro e c’è una parte di violenza quasi grafica. Non conosco abbastanza la cultura né la letteratura giapponese per situare “Heaven” rispetto a questo tema.

    Ho voluto finire di leggerlo durante un pomeriggio soleggiato, sul divano, invece che prima di addormentarmi la sera. Ma sono contento di averlo letto.

    Paolo Rumiz, Annibale

    Che noia. Ripetitivo allo sfinimento, nostalgico di quando si faceva il militare, maschilista.

    Gail Honeyman, Eleanor Oliphant sta benissimo

    Questo l’ho trovato per caso e mi è piaciuto, un po’ letteratura di genere e un po’ spiazzante e onesto sguardo sulla solitudine, sulla salute mentale.

    Elena Ferrante, L’amica geniale

    Questo era nella lista dei libri da leggere almeno da due anni. Divorato in modo abbastanza spietato e all’altezza delle aspettative. Per favore non mi parlate di serie TV.

    Nel 2022 ho continuato a leggere Elena Ferrante.

  • I libri che ho letto nel 2020

    Anche quest’anno niente classifiche e niente recensioni ‒ solo qualche commento. Lo sapete tutti, il 2020 è stato segnato dalla pandemia e come tanti ho passato molto più tempo senza poter uscire. Ho letto un po’ più dello scorso anno, per quel che conta la quantità.

    Michele Ainis, Demofollia

    Una raccolta di saggi, complessivamente un po’ ripetitiva ma visto che uno dei temi ricorrenti è quello della burocrazia è anche una lettura doverosa. Nel libro e anche nell’introduzione Ainis porta l’esempio paradossale del Ministero dei Beni Culturali che ha cambiato nome tre volte in pochi anni. Ebbene, dopo la pubblicazione del libro è cambiato di nuovo. E all’inizio del 2021 è cambiato di nuovo. Cinque volte.

    Matteo Vinzoni, Pianta delle due riviere della serenissima Repubblica di Genova divise ne’ commissariati di sanità (a cura di Massimo Quaini)

    Questa è una lettura, sì. Come molti ho consultato decine di volte la Pianta e i suoi disegni, ma non sapevo che fosse accompagnata da un testo descrittivo molto articolato. L’edizione maestra curata dal grande Massimo Quaini ha una lunga introduzione al testo che racconta la storia di Matteo Vinzoni, di come è diventato uno dei più grandi cartografi della sua epoca e della fatica interminabile che gli è costata questa Pianta. E la cosa che più mi ha sorpreso è stata la causa scatenante per l’istituzione dei commissariati di sanità: un’epidemia di peste (cosiddetta peste di Marsiglia, 1720), in cui la cartografia è uno degli strumenti di controllo capillare del territorio al servizio del governo. Quante cose ci sono da imparare.

    Margaret Elphinstone, La notte del raduno

    Lo scorso anno con “L’ultima dei Neandertal” avevo detto, ci vuole più narrativa ambientata nella preistoria! Eccomi servito. Siamo nel Mesolitico delle isole britanniche e questo racconto a più voci è la storia di un mondo lontanissimo, in cui uomini e donne vivono secondo regole e credenze molto legate alla natura e ai suoi cicli, ma sono anche pieni di grandezza, di spazi immensi, di legami profondi tra persone. L’ho trovato un racconto senza un genere preciso e forse per questo veramente profondo.

    Telmo Pievani, La fine del mondo

    Mi ha prestato questo libro mio fratello, senza commento. Conoscendo un poco l’autore, mi aspettavo una trattazione sui temi più critici del riscaldamento globale e disastri annessi. Nulla di tutto ciò, il libro di Pievani è una raccolta di sommari culturali-filosofici del mondo occidentale su vari livelli a cui è stata concepita la fine del mondo. Mi ha fastidiosamente ricordato un brutto libro di Remo Bodei letto anni fa. Nessuno spazio è dato alla storia del pensiero nel mondo indiano o cinese. Compaiono i Maya (scritti però minuscoli, diversamente dagli antichi romani maiuscoli) per “lip service” alla più nota delle teorie pseudostoriche catastrofiste. Non mi è piaciuto. Non era piaciuto nemmeno a Enrico.

    Chimamanda Ngozi Adichie, Dovremmo essere tutti femministi

    Molto breve e tagliente. Quest’anno non ho letto in modo esclusivo autrici, ma ho comunque continuato ad esplorare fuori dalla mia comfort zone.

    Ayòbámi Adébáyò, Resta con me (Stay with me)

    E questo è molto fuori. Il racconto è a due voci ma quella maschile sembra in molte parti vivere un livello umano diverso, più elementare, nella lunga tragedia che segna la vita della coppia. È stato straziante, soprattutto con un bimbo di pochi mesi in casa, e scava molto profondamente nelle assurde consuetudini che in tanti luoghi controllano la vita delle coppie che si amano.

    Claire Cameron, L’orso

    Claire Cameron è l’autrice de “L’ultima dei Neandertal”, facile. Ma questo orso è mi-ci-dia-le. Sarà una banalità, ma la voce narrante adorabile di questa storia inquietante rende il libro un vero concentrato di emozioni forti e fortissime. Di nuovo, c’è una quasi corrispondenza con le età dei miei figli e questo mi ha fatto leggere l’orso in maniera molto più riflessiva ‒ parafrasando Scaruffi la trama è l’ultima cosa interessante di tutto il libro.

    Hisham Matar, Un punto di approdo

    Questo è un delizioso regalo per il mio compleanno. Mi ha fatto tornare a Siena e capire quante cose ho perso di Siena negli anni in cui ci ho abitato.

    Chinua Achebe, La freccia di Dio

    Il terzo volume della trilogia, ammesso che sia davvero una trilogia. È spietato e tragico in modo grandioso.

    Donna Haraway, A cyborg manifesto

    Ho letto con grande fatica, in lingua originale, questo saggio, di cui non avevo capito bene né l’estensione né la dimensione politico-accademica. Ho anche ascoltato una versione “audiolibro” non molto ascoltabile, ma pur avendo colto alcuni concetti fondamentali che oggi sono diventati estremamente potenti, non sono riuscito a seguire per bene il discorso complessivo. Mi ha lasciato un po’ guardingo l’avvio iniziale sul ruolo “ironico” del cyborg, perché mi sto convincendo profondamente che l’ironia sia molto deleteria. Quindi ho comprato la traduzione italiana, che leggerò prossimamente.

    Ursula K. Le Guin, I reietti dell’altro pianeta (Dispossessed: an ambiguos utopia)

    Ce l’ho fatta! Sono finalmente riuscito a leggere un romanzo di Le Guin. Che meraviglia. Che incredibile viaggio questo sul pianeta Anarres. Scopro l’acqua calda, ma acqua calda rimane.

    James Ellroy, Le strade dell’innocenza (Blood on the moon)

    Ho questa trilogia da un paio d’anni, comprata usata da “Nostalgie di carta”, la libreria di via Daste che purtroppo ha chiuso i battenti con la morte del titolare. Il primo libro è un “classico” Ellroy, lontanissimo dalle costruzioni complesse degli anni successivi ma comunque una buona lettura.

    Paolo Rumiz, La leggenda dei monti naviganti

    Questo me lo ha prestato mio padre. È il libro che mi ha fatto pensare di più e sicuramente quello che più mi ha fatto innervosire, non perché sia brutto (vedi sopra la fine del mondo), ma perché mescola una ricerca approfondita di luoghi, persone e storie con una serie di mostruosità che non riesco a tollerare. I beceri stereotipi (la macchina femmina, qua e là donne bellissime che compaiono unicamente come tali). L’ingenuità di fronte ai lavori nel ventre delle montagne (pure ritrattata nel libro stesso). Le lamentele sull’abbandono che solo uno nato e cresciuto in città può concepire.

    Il libro è effettivamente composto di due parti (anche qui, dichiarate in apertura), una di autobiografia lenta riguardante le Alpi, i molti personaggi quasi tutti legati all’alpinismo, all’epica della montagna con le sue gesta eroiche e le sue tragedie. Questa parte è forse abbastanza banale. La seconda parte è un diario di viaggio on the road in cui Rumiz attraversa l’intero Appennino evitando tutte le strade principali. In questa seconda parte lo spirito di ascolto è più profondo e segue solo in parte personaggi “famosi”, ma si perde innumerevoli volte di fronte a scempiaggini linguistiche e toponomastiche, è ossessionato da Annibale (su cui ha scritto un altro libro .. ora sul mio comodino) e qualunque cosa incontri lungo il proprio tragitto diventa paradigmatica di qualcosa. Un altro aspetto che trovo fastidioso è il continuo ricorso a paragoni geografici: una nuova valle in cui arriva non merita mai di essere se stessa, ma per avere valore deve per forza assomigliare a qualche altro posto già visto.

    A Rumiz stanno sulle palle i gerani ai balconi e lo scrive svariate volte nel libro. È esterofilo ma solo perché il “vero” spirito della montagna in Italia è soverchiato da altri valori, altrimenti saremmo noi i migliori. Mah.

    Ursula K. Le Guin, Il mago

    La letteratura fantastica e quella fantascientifica non sono così diverse, sembra di capire leggendo questo primo volume della saga di Terramare. La componente psicologica è quella fondamentale nei rapporti tra personaggi e nelle gesta dei protagonisti, ben più della coerenza nel world building o nel linguaggio, che comunque ci sono e sono potenti e sistematici. Ho passato tutta la lettura a consultare la mappa dell’immenso arcipelago, questo mi ha dato grande soddisfazione. Ora voglio con la giusta calma continuare la lettura della saga.

    Sto leggendo Seni e uova di Mieko Kawakami. A proposito di uscire dalla zona di confort.

  • I libri che ho letto nel 2019

    I libri che ho letto nel 2019

    Come tradizione, anche questo 2020 il primo articolo che scrivo è dedicato ai libri che ho letto l’anno prima. Questo anche se i libri son pochi e anche se là fuori le cose vanno piuttosto male, perché i libri sono importanti e perché ci sono alcun* affezionat* che immagino in trepidante attesa.

    Lo scorso anno avevo chiuso dicendo che avrei letto solo libri di autrici. Così ho fatto, mi è piaciuto moltissimo e ho anche raccolto una lista inesauribile di altri libri per gli anni a venire. È una impresa femminista implicita, anche se solo alcuni titoli hanno davvero questo spirito. Si tratta anche di una ricerca di equilibrio.

    Ho anche letto più in inglese che in italiano. Il numero complessivo è davvero minimo, un po’ perché in primavera il mio vecchio lettore di ebook ha iniziato a perdere colpi, un po’ perché a novembre sono diventato di nuovo papà.

    Maja Lunde, La storia delle api

    Il libro è arrivato a Natale e non avrei potuto chiedere di meglio. Tre storie che si intrecciano da lontano, tre piccoli personaggi eroici che salvano un pezzetto del mondo.

    Margaret Atwood, The handmaid’s tale

    Quando si legge un classico, la domanda è sempre: ma perché non l’ho letto prima? Ma è sempre il momento giusto, e forse la distopia di Gilead è meno assurda oggi che quando è stata scritta. Ma al di là del valore rivoluzionario di questo libro, c’è un testo molto raffinato di continuo “scoperchiamento” della realtà e perdita di ingenuità. Il finale è da capogiro e mi ha lasciato grande soddisfazione. Ovviamente non ho visto serie TV ma non mi dispiacerebbe leggere il seguito pubblicato da poco.

    Claire Cameron, L’ultima dei Neanderthal

    Una lettura archeologica, per me che ho conoscenze molto generali della preistoria non molto diversa da quella che potrebbe fare chiunque altro. Una lettura stimolante, che taglia corto su tutti i dettagli e prova a calarci dentro le storie e la testa di questi nostri antichi e “sfortunati” antenati. Secondo me la narrazione funziona, così come funziona lo specchio del presente che mi ha ricordato le vicende della ricerca in corso all’Arma Veirana, qui in Liguria. Giustamente, fortissimamente femminile. Se solo più autori avessero il coraggio di scrivere il Paleolitico….

    J.K. Rowling, Harry Potter

    L’ultimo titolo in realtà è una scatola. Ho deciso che potevo concedermi una lettura leggera, leggerissima, e mi sono messo a leggere la saga di Harry Potter. Mi sono fermato all’inizio del Principe mezzosangue per problemi tecnici, quindi sono ancora fermo lì. Mi è piaciuto moltissimo. Una storia interminabile, zeppa di cliché, di impostazione a tratti infantile oppure al contrario faticosissima da leggere, però in fin dei conti indubbiamente epica. E quindi degno di essere letto, anche se non fosse eccezionale, se vi stessero antipatici i maghetti o gli inglesi, se vi sta antipatico il film (anche a me ha dato fastidio l’unico che ho visto anni fa, ma mi era piaciuto Animali fantastici e dove trovarli) e mille altri motivi.

    Chiaro, Rowling è moraleggiante, ripetitiva allo sfinimento, forse qualche capitolo è scritto appositamente per fare da sceneggiatura e ho dovuto rileggere due volte il finale dell’Ordine della fenice per capire cosa succede. Ho letto tutto in lingua originale perché mi pareva un buon modo di godermi l’opera e così è stato. Non pretendevo di trovare un capolavoro ma vorrei comunque finire gli ultimi libri.

    Cosa vorrei leggere nel 2020

    Per la prima volta provo a condividere alcuni nomi che vorrei leggere nel 2020 (ho già iniziato una raccolta di saggi e articoli di Michele Ainis). Suggerimenti benvenuti, soprattutto se tengono conto di quello che ho scritto. Alcuni sono nomi che ho appuntato da solo, altri sono suggerimenti che ho ricevuto su Mastodon.

    • Ayòbámi Adébáyò, Stay with me
    • Elena Ferrante
    • Ursula K. Le Guin
    • Fatema Mernissi
    • Octavia Butler, Xenogenesis series
    • Donna Haraway
  • I libri che ho letto nel 2018

    I libri che ho letto nel 2018

    Nel 2018 ho fatto una scelta piuttosto originale per guidare le mie letture: ho recuperato a casa dei miei genitori un pacco di libri rimasti impilati negli ultimi anni, generalmente arrivati in regalo, che per qualche motivo non mi ero mai portato via. Libri che non avevo letto, ecco. Libri che avevo dimenticato di leggere. Uno magari potrebbe decidere di leggere solo una certa autrice per tutto l’anno, solo libri pubblicati nel 1965, o qualche criterio del genere.

    Ho finito la pila di libri non letti e poi mi sono tuffato dentro 4 3 2 1 come una lontra nel fiume.

    Daniele De Silva, Non avevo capito niente

    Questo non era rimasto impilato ma mi ha dato l’idea di una annata a tema. Un po’ sconnesso nell’incedere ma è stata una bella lettura, forse troppo veloce.

    Annamaria Fassio, I giorni del Minotauro

    Un giallo piemontese edito da Frilli. Ben architettato e ambientato.

    Chinua Achebe, Non più tranquilli

    Se con Le cose crollano eravamo di fronte alla tragedia di una società antica, di un suo protagonista inizialmente invincibile, il salto di due generazioni ci porta in un tempo dell’Africa quasi contemporaneo, eppure ancora legato a quella società antica, ai suoi legami indissolubili da cui è difficile sciogliersi anche per chi è apparentemente molto brillante.

    Antonio Pennacchi, Canale Mussolini

    A me Canale Mussolini non è piaciuto. Ho faticato per leggerlo. Ho sperato a lungo che abbandonasse la prosa dal fare omerico via via che la storia si dipanava, ripetendosi sempre uguale, e invece niente. Ci ho sperato un po’ perché varie persone erano rimaste entusiaste. Di sicuro è scritto per conquistare il lettore. Di sicuro non avevo mai letto una giustificazione così lunga del fascismo, così assolutoria per chi ne è stato protagonista al minuto e così, diciamo, controversa nella figura del narratore. È difficile sospendere il giudizio mentre si legge questa epopea familiare fatta di personaggi tragici, immobili.

    Come dice, scusi? Canale Mussolini avrebbe vinto il Premio Strega e io non capisco un’acca della letteratura italiana contemporanea? Ma io sto unicamente raccontando il libro come l’ho trovato io, che guarda caso poi risulta scritto da un prete, e sempre quest’anno mi son trovato con un altro illustre premiato ancor più penoso, e in fin dei conti se per far rinascere l’epica italiana dobbiamo sorbirci un revisionismo palloso e ripetitivo, allora lasciamola nella tomba. Questa è la mia versione dei fatti, poi vedete voi e andate in malora.

    Enrico Giannichedda, Quasi giallo

    Non conosco molti archeologi che scrivono gialli (ad eccezione, forse, di Fred Vargas che non è proprio un’archeologa). Quindi non sono preoccupato di dire che questo quasi giallo non mi è piaciuto moltissimo. Forse perché le parti archeologiche, che abbondano e quasi debordano, mi sono note in buon dettaglio sia per studio sia per averle sentite proprio dalla voce di Enrico Giannichedda, e in questa cornice sembrano paradossalmente meno interessanti. Forse perché le parti gialle sono abbastanza solidamente nel solco del genere, senza però essere veramente nel solco giallo della copertina, magari più noir o 10YR 2/1. Altri che hanno letto il libro non sono rimasti soddisfatti dal finale, che però tutto sommato a me piace.

    Michele Serra, Ognuno potrebbe

    Michele Serra è un membro di quella categoria di persone che svolgono il meschino dovere di partorire ogni giorno un pensierino da scolaro delle elementari per la pubblica fruizione. La forma libresca non migliora l’esito e questa storia di un precario, scritta da uno che il precario non sa nemmeno recitarlo sotto forma di macchietta, non piace proprio.

    Timur Vermes, Lui è tornato

    Tanto inquietante (oggi ancora più di quando è stato scritto, solo nel 2011) quanto scopppiettante, questo è il libro che più mi è piaciuto leggere nel 2018, carico di continui rilanci che solo un buonsenso ormai intorpidito può considerare assurdi. Non ho visto il film che ne è stato tratto, in cui il protagonista non è Hitler bensì Mussolini, ma ne ho parlato con alcuni che lo hanno visto: il discorso è andato a parare sul “messaggio” che l’autore trasmette. Io penso che sia un messaggio molto implicito, che l’autore abbia saputo mostrare in modo eccellente come funzionano, come possono funzionare certi meccanismi psicologici e sociali che hanno conseguenze rapidamente irreparabili, senza bisogno di manifestare una “ovvia” valutazione negativa che avrebbe reso molto meno incisivo il suo autentico messaggio. In ogni caso, lui è tornato già parecchie volte negli ultimi anni e sembra che non siano state vendute abbastanza copie di questo libro.

    Edoardo Nesi, Storia della mia gente

    Chi abbia dato un premio a questo libro, dovrebbe almeno giustificare il vistoso errore grammaticale del titolo, poiché questa è una storia individuale e solipsistica, vissuta e narrata alla prima persona singolare, da parte di un autore che, del suo passato rimpianto da rampollo fallito di famiglia operosa, ricorda i nomi propri dei macchinari (femminili, ovviamente) ma non quelli degli operai. Uno che dedica varie pagine al Martini nell’ambito del tracollo economico della piccola media impresa manifatturiera italiana. Uno che è felice di scendere in piazza a manifestare perché lo fa stare bene.

    Il motivo del blasone è presto detto, essendo l’autore stato precedentemente inserito nella shortlist ha deciso di titillare il premio stesso con continui rimandi ad esso, rendendolo (immaginiamo a propria insaputa) co-protagonista di questa farsa che sa rendersi lucida solo in forma onirica – rivelandosi anche genuinamente impregnata di razzismo.

    Paul Auster, 4 3 2 1

    Questo libro, questi libri, sono anzitutto una smisurata forma di devozione, una lunghissima dichiarazione d’amore verso la scrittura e la letteratura, verso New York e Parigi e forse anche verso l’essere ebrei negli Stati Uniti. Non per caso la prima parte mi ha ricordato fortissimamente Middlesex, così come il rimando continuo tra storia personale e storia collettiva, non un semplice sfondo ma un palcoscenico.

    Il volume è imponente e ha richiesto una certa disciplina nella lettura, evitando tassativamente di leggere più di un capitolo al giorno per non andare in confusione, ma la trama è certo uno degli elementi meno portanti del capolavoro, come prevedibile. Trama che è composta anche di frammenti, mattoni autobiografici composti in modi sempre diversi.

    Ci sono capoversi lunghissimi che vorresti non finissero mai. Ci sono liste, ma che liste, di libri, di film, di poesie, di musica. C’è tantissimo sesso, muoiono molte persone e sono sempre le stesse persone i personaggi che vivono 4, 3, 2 vite leggermente o completamente diverse dall’una che tiene il filo.

    Si ride, si gode e si soffre moltissimo con questo libro.

    Paolo Lazzarin, Patagonia

    Questo che mi ha regalato Elisa il 26 dicembre è un delizioso resoconto fotografico di viaggio. La Patagonia, al di là delle frasi da guida turistica, è difficile da spiegare, e la vastità degli spazi soverchia la vista, la mente. Questo viaggio si è svolto principalmente lungo la catena andina, via terra in direzione sud e via mare in direzione nord. Il nostro viaggio, più spezzato e incoerente, era stato certamente meno lento ma comunque sfogliando le pagine ho ritrovato quelle montagne, quelle strade e quei guanachi — perché poi sono uno dei compagni di viaggio più memorabili. Grazie.


    Nel 2019 ho deciso che leggerò solo libri scritti da autrici.

  • I libri che ho letto nel 2017

    I libri che ho letto nel 2017

    Quest’anno mi porto avanti di qualche settimana rispetto al ritardo astronomico maturato negli anni e pubblico la lista dei pochi libri che ho letto nel 2017.

    Il 2017 è stato l’anno in cui sono diventato papà, in cui ho traslocato dalla città dove è nato mio figlio a quella dove sono nato io ma dove non avevo quasi mai abitato, in cui ho cambiato lavoro per poter finalmente continuare a fare il mio mestiere. Quindi, scusate se ho letto troppo poco. Anche nel 2017 non ho letto nessun libro che non fosse scritto in italiano (mica intenzionalmente).

    Ho anche iniziato a tenere traccia dei libri su inventaire.io.

    Piero Colaprico, Trilogia della città di M.

    Questo libro mi è stato donato da Stefano R., nativo della città di M., quando ho iniziato a lavorare nella città di M. il 13 dicembre 2017. L’ho consumato nei vagoni ferroviari prima dell’alba e dopo il tramonto viaggiando quotidianamente da Genova.

    Le tre storie in cui si muove l’ispettore Bagni sono ambientate in una città di mezzo, tra quella vecchia che sta scomparendo e lascia il tempo ad una nuova. Muovendomi nella zona del Ticinese più volte ho provato la sensazione di essere stato in quei luoghi. Non sono un assiduo frequentatore della letteratura di genere, ma se leggo un poliziottesco, ora preferisco Bagni ai suoi colleghi più televisivi.

    Wu Ming 1, Un viaggio che non promettiamo breve

    Ho iniziato a leggere questo libro verso fine anno, proprio come la Trilogia ad inizio articolo, viaggiando in treno lungo uno dei percorsi che dovrebbero essere toccati dalle Grandi Opere. E poiché il libro racconta con estrema precisione la realtà, ho faticato ad ogni pagina a reggere il peso di tutte le nefandezze, e per adesso non ho letto che un terzo del libro, forse un po’ meno.

    È un libro che deve essere letto, perché è una storia che non è ancora conclusa e da queste parti oltre alla inutile e dannosa TAV abbiamo un altrettanto inutile terzo valico ferroviario, mentre le linee ferroviarie già esistenti del pendolarismo quotidiano sono in frantumi.

    Edmund De Waal, La strada bianca

    Questo è un libro di cui mi sono innamorato vedendo la copertina in vetrina nella mia libreria. A me piacciono le copertine che raccontano qualcosa del libro, e questa era già di per sé meritevole di essere portata a casa, anche se non ci fosse stato il libro dentro.

    Ho letto il primo capitolo con l’emozione di chi scopre un tesoro. L’ho dovuto persino rileggere a voce alta, per poterlo capire in tutta la sua poesia. Questo libro è stato compagno di viaggio tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017.}

    Non ho mai letto Un’eredità di avorio e ambra, che pure è sulla libreria di casa da anni. Non avevo capito bene di cosa si trattasse, potrei dire.

    Per me la ceramica, e quindi anche la porcellana, è un elemento primordiale a cui ho dedicato moltissima parte della mia vita adulta, soprattutto manipolando, guardando, osservando migliaia di vasi rotti. Leggerne una storia raccontata in prima persona è stato un percorso di ricucitura, una forma di kintsugi letterario.

    Marco Danielli, Uscita di sicurezza

    Marco è prima di tutto un collega, che potrebbe sembrare molto versatile, vista la varietà di ruoli che ha rivestito nella vita in situazioni molto diverse. È stata una grande sorpresa scoprire che è anche un abile scrittore.

    Un romanzo d’esordio finemente costruito che combina realtà autobiografica e finzione letteraria.

    Igiaba Scego, Adua

    Non so se i quattro lettori assidui di questa rubrica ci hanno fatto caso, ma da qualche anno leggo sempre almeno un libro di Africa. Quest’anno, addirittura due.

    Leggere di Africa è inevitabilmente una seduta di colonialismo, di post-colonialismo, oltre che di un continente non misurabile, privo di significato a meno di non essere distorto da una proiezione geografica sbagliata. Nel caso clinico italiano credo si possa parlare a buon diritto di post-colonialismo assente – autrici come Igiaba Scego sono ogni giorno lì a smontare il buonismo, soprattutto con storie come quella di Adua, ben più di un romanzo storico.

    Chinua Achebe, Le cose crollano

    Ricevuto in dono e letto con gusto, questo primo libro della trilogia è un gioiello di grande profondità storica e soprattutto epica. Achebe muove e colpisce i suoi personaggi con l’eleganza di un vero classico. Leggendo è stato impossibile non rispecchiarsi nelle pagine di Congo, così totalmente diverso eppure intrecciato nelle stesse vicende storiche.

  • I libri che ho letto nel 2016

    I libri che ho letto nel 2016

    Diciamo subito che nel 2016 ho letto poco e male, e diamo la responsabilità al fatto che nella prima parte dell’anno invece ho scritto un po’ (abbastanza da concludere la mia tesi di dottorato, tanto per capirci), mentre nella seconda parte dell’anno ho dedicato del tempo allo studio per un concorso (che poi è andato bene).

    Aggiungiamo che poco dopo la fine del 2016, come alcune delle letture suggeriscono, sono diventato papà, e ho aiutato come potevo la mamma con il suo pancione, invece che leggere (tranne un caso in cui ho letto per loro molte volte lo stesso libro ad alta voce).

    • James Ellroy, Perfidia è il mio preferito e mi ha fatto trovare vecchie mappe di Los Angeles (il massimo)
    • Wu Ming, L’invisibile ovunque
    • Joe R. Lansdale, Rumble Tumble che mi ha passato Andrea Bellotti e non glielo ho ancora reso
    • Roberto Negro, Bocca di rosa
    • Loredana Lipperini, Ancora dalla parte della bambine
    • Julien Blanc-Gras, Padri in attesa. Il giornale di bordo di un padre nella Terra della gravidanza
    • Chiara Cecilia Santamaria, Quello che le mamme non dicono
    • Emma Mora, L’orsacchiotto Gedeone (qualche dozzina di volte)
  • I libri che ho letto nel 2015

    I libri che ho letto nel 2015

    Come ogni anno faccio un elenco dei libri che ho letto, senza classifiche perché sono un esercizio abbastanza penoso e, per il 2015, anche perché ho avuto la fortuna di leggere quasi esclusivamente cose bellissime. Ve li presento quindi in ordine di lettura, aiutandomi con le stupidissime frasi che ho scritto su Twitter mentre li leggevo. Non c’è un errore: è il primo gennaio 2017 e questa lista arriva in ritardo di 366 giorni.

    William Gibson: the Sprawl trilogy (Neuromancer, Count Zero, Mona Lisa Overdrive) + Burning Chrome

    Proprio come lo scorso anno, è l’unica lettura in inglese, a cui sono arrivato per vie molto traverse che partono da un fumetto online e passando per un album indie. Ma non è una lettura qualunque. È un punto di non ritorno. Ho già scritto qualche riga sulle connessioni intessute da questa trilogia, che ho letto in mattinate non molto calde, decisamente buie, su un lettore di ebook e che mi ha fatto capire anzitutto l’epica del cyberpunk che è costruita interamente sul linguaggio. Le distopie tecnologiche dello Sprawl sono attuali perché si nutrono di dissociazioni contemporanee, immutate nei trent’anni passati dalla pubblicazione di questi libri, anzi, accresciute in un modo (im)prevedibilmente (in)concepibile.

    Wu Ming, Cantalamappa

    Come mi sono sentito di scrivere mentre lo leggevo:

    Uno pensa di essere adulto, poi per fortuna i Wu Ming scrivono Cantalamappa e tutto prende una piega migliore

    e continuo a pensarlo. Ci sono in questo libro storie che mi hanno fatto tornare bambino, anche quando parlano di cose “da adulti”. C’è un filo conduttore, la mappa, la scoperta del mondo che sia lontano o vicino, che è sempre stato uno dei miei modi di pensare. Un modo per una volta leggero di leggere Wu Ming. Regalato anche a lettori più giovani!

    Yamunin, Diario di zona

    Banalmente, potrei aver apprezzato Diario di zona perché racconta la città attraverso gli occhi di uno che è arrivato a Torino ma non ci è né nato né cresciuto, attraversandola in sella a una bicicletta e soffermandosi sulle tante lapidi che ricordano giovani morti lottando contro i nazifascisti. La verità è che a questo libro mi sono affezionato in prima persona, partecipando a letture e presentazioni. Che ho imparato a guardare chi fa le misurazioni dei contatori, e a vedere il lavoro e la persona che le fa. Che ogni città dovrebbe avere un suo diario di zona in cui si descrivano gli abitanti, le case, i marciapiedi senza vezzeggiativi. Che ognuno dovrebbe scrivere il proprio diario di zona e non limitarsi a percorrere le stesse quattro strade tutti i giorni, guardando come bestie gli abitanti degli altri quartieri in cui non avete mai messo piede.

    David van Reybrouck, Congo

    Un minimo di boria mi sia concessa per Congo, non il più bello ma certamente il più monumentale dei libri che ho letto nel 2015. Ho una copia di Congo. Een geschiedenis autografata da David van Reybrouck (con tanto di dedica e incoraggiamento ad imparare a leggere nederlands) nel 2012. Non ho comprato la traduzione italiana del libro attratto dalla fascetta di Roberto Saviano (come se qualcuno sapesse qualcosa dell’Africa, maledizione) né tantomeno dalla foto patetica sbattuta in copertina, così infedele all’originale da risultare fastidiosa. Congo non è una lettura facile, ma non è un manuale di storia ‒ è il narratore che ha magistralmente scelto per noi un pugno di persone che tengono insieme centoventi anni di politica, sette religiose, rivendicazioni, colonialismi pessimi e decolonizzazioni peggiori, musica, commercio, pugilato. La perla di Congo è scoprire pagina dopo pagina quanto sia importante il narratore di queste storie.

    G.B. Canepa, La repubblica di Torriglia

    Il giorno del mio compleanno siamo saliti sul Ramaceto e guardando forte là in fondo verso Cichero abbiamo letto ad alta voce la storia di Severino, lì in mezzo alle montagne dove ha combattuto la guerra partigiana contro i nazifascisti. Le montagne hanno la memoria lunga.

    L’età della febbre

    L’età della febbre è un’antologia edita da minimum fax, un sequel de La qualità dell’aria (che non ho letto) dove una manciata di autori italiani raccontano, a modo loro, il Paese e quello che ci succede. Nelle mie non-recensioni su Twitter, ho avuto l’ardore di definirlo

    un Decameron poliedrico sulla famiglia italiana

    perché è la sensazione ripetuta che ho incontrato leggendo ogni racconto, che ogni storia si arrotolasse intorno ad una famiglia, giovane o vecchia, con o senza figli, affiatata o scomposta.

    Tommaso Pincio, Panorama

    Panorama, o panòrama come mi è sembrato più naturale pronunciare il titolo di questo libro, era necessario. Perché sventra, magari in modo familiare a chi è più avvezzo al mondo letterario, un po’ della sua mitologia fondante, usando i social network come elemento di trama mescolata tra realtà e finzione. Poi per chi vive o conosce Roma più di me si trovano certamente altre chiavi di lettura.

    Mi piacerebbe, per provocazione, leggere questo libro scritto a generi invertiti.

    Alberto Prunetti, Amianto

    Un libro in cui la voce narrante si fa beffe di ignari archeologi senesi rivendendo cazzuole maremmane come pregiate trowel britanniche sarebbe già di per sé meraviglioso. Ma non è per le burle che Amianto lascia il segno. È la serie di pugni nello stomaco, che si ripete impietosa alla Olivetti, alla IPLOM e in tante altre industrie “di eccellenza” dell’Italia che produce, lavora e crepa di mesotelioma. Negli stessi giorni in cui leggevo questo libro ho assistito alla clownesca performance di un fittizio padre fondatore del digitale italiano (uno dei tanti che si possono rintracciare) che proprio della Olivetti si fregiava, e il contrasto mentale che ne ho avuto era stridente quanto tonnellate di pece su corpi nudi. Avere tra le mani questa controstoria, umana e tragica, è un dovere. In più, Prunetti eccelle nel legare le lotte (semplicisticamente definibili) dei decenni scorsi con quelle (solo apparentemente) così diverse dei precari odierni, proletari intellettuali come è lui stesso.

    José Saramago, Viaggio in Portogallo

    Non ho terminato la lettura di questo libro perché quando ero a metà sono partito per il Portogallo, e durante il viaggio ho passato più tempo a vagare per Lisbona che a leggere. Ha un tempo magico, lentissimo e, se non ci si fa annoiare, ipnotico. È, semplicemente, una ininterrotta sequenza di epifanie lungo le strade di tutto il paese. Saramago ha voluto che tutti si innamorassero come lui degli angoli più nascosti del Portogallo, nelle campagne sperdute o in mezzo alle città. Non è una guida turistica né vuole assomigliarci!

    Kurt Vonnegut, Quando siete felici, fateci caso

    Questo volumetto contiene vari discorsi di Vonnegut rivolti a studenti, di per sé abbastanza ripetitivi anche se impeccabili (e comunque sempre, sempre, sempre meglio di Steve Jobs) ed è una buona summa del Vonnegut-pensiero socio-letterario. Inoltre, è composto tipograficamente in modo delizioso.

    Luca Mastrantonio, Pazzesco

    Sottotitolo: Dizionario ragionato dell’italiano esagerato. Molto leggibile, alcune cose note e altre no. A volte sconfina un poco in un approccio da “spiegato bene” ed è più attento al registro politicoso che a quello verace della lingua italiana.

    James Ellroy, Perfidia

    Dopo aver letto con malsana avidità American Tabloid non potevo non lanciarmi a capofitto su Perfidia. Dalla metà di novembre è rimasto fermo e chiuso in attesa di avere un po’ di tempo per respirare, mentre mi dedicavo in modo più deciso alla scrittura. Perfidia è il primo libro che ho letto nel 2016.