La fine dell’archeologia in Italia

L’archeologia italiana è finita. C’è chi dice che non è vero e c’è chi non se n’è ancora accorto, ma molti elementi puntano in questa direzione e si stanno verificando tutti in un tempo brevissimo. Provo a farvi una panoramica, se mi riesce.

1. La riforma del MiBACT

Per chi non lo sapesse ancora, con DPCM 171/2014 il MiBACT ha avviato una riforma che ogni tanto viene ripresa, a cui viene aggiunto un altro capitolo, come una specie di romanzo che non ha mai fine. Dopo l’accorpamento delle soprintendenze storico-artistiche e architettonico-paesaggistiche adesso è il turno di quelle archeologiche. Non importa che tutta la struttura periferica del ministero sia paralizzata da un anno proprio per mettere in atto la prima fase di questa riforma, con il passaggio di beni e competenze ai nuovi poli museale e agli sbandierati musei autonomi. Non importa che le grandi inefficienze nella gestione attuale siano da imputare ai continui cambiamenti a cui la macchina già lenta del ministero è sottoposta.

Adesso, con avallo e sostegno di personalità come Giuliano Volpe, si riparte con una nuova puntata della riforma, prima ancora di aver minimamente concluso il ciclo precedente. Stupisce la ferocia da storyteller con cui si dipinge la beltà tutta verbale e teorica di questi nuovi assetti da venire, che tradisce una profonda ignoranza dello stato effettivo delle cose. E a sentire Volpe, pare non sia nemmeno finita e che ci debba essere ancora una fase 3 in cui, udite udite, si avvierà una integrazione tra università (a proposito di istituzioni moribonde) e MiBACT. Io mi domando se e come chi è rimasto miracolosamente a galla dopo un decennio abbondante di sfascio del sistema universitario schiacciato da riforme su riforme pensa che sia questo il modo per migliorare l’efficienza dell’apparato che deve tutelare il patrimonio culturale italiano. Domanda retorica. Io sono miope, mi mancano 5 diottrie, che ci volete fare.

Qualunque sia l’assetto sulla carta che questa riforma vuole dare al ministero, di fatto l’unico risultato effettivo e già ben visibile è la sua totale paralisi ed inefficacia, in tempi di efficientissimo silenzio-assenso. Non diamo il beneficio del dubbio ad un governo che ha dimostrato di avere a cuore solo gli interessi di pochi, e pensiamo ‒ con il rassoio di Occam in mano ‒ che sia pienamente raggiunto l’obiettivo di eliminare un fastidioso ostacolo alle attività economiche tipiche del rilancio post-crisi come edilizia, gli scempi paesaggistici, etc. e non a caso altri ostacoli hanno subito sorte anche peggiore in questi stessi giorni (abolito il Corpo Forestale dello Stato).

Temo che a poco servano gli strali quotidiani di Tomaso Montanari, che ha sostituito Salvatore Settis nel ruolo di Grillo parlante. È un gioco delle parti che al massimo rassicura quei pochi che ancora si preoccupano di questi problemi di non essere soli, e di aver assolto la pratica dell’indignazione tramite la lettura sulle pagine di un quotidiano.

2. L’abolizione dell’archeologia preventiva

L’archeologia però dà veramente fastidio a Matteo Renzi. Infatti, come voci bene informate dicevano da un paio di mesi, nelle ultime bozze della nuova versione del Codice degli Appalti gli artt. 95 e 96 sulla “archeologia preventiva” sono completamente scomparsi. Fonti di alto livello del MiBACT confermano questa versione dei fatti, lasciando un minuscolo spiraglio per la possibile inclusione della stessa norma nel Codice dei BBCC. Ma vedete al punto sopra per immaginare con quale efficacia potrà essere attuata l’archeologia preventiva fuori dai cardini del sistema più ampio dei lavori pubblici (lasciamo perdere le opere private, eh). Siamo in pieno spregio alla Convenzione della Valletta, che pure con una tipica operazione renziana di fumo negli occhi era stata ratificata a 23 anni di distanza dal Parlamento italiano (altre operazioni di fumo negli occhi: unioni civili, Freedom of Information Act … per creduloni di ogni ordine e grado).

Ovviamente questa riforma avviene al di fuori del MiBACT, e quindi conferma che la scure sull’archeologia è un unico disegno più ampio, di cui il ministero è solo spettatore passivo (la riforma è stata d’altra parte scritta dal prof. Lorenzo Casini).

Vedremo nei prossimi anni chi sarà tanto ingenuo da voler intraprendere studi archeologici all’università. Ormai è passata la stagione delle iscrizioni facili e ben pochi atenei hanno le carte per attrarre studenti verso le materie umanistiche in generale, figuriamoci verso una professione fallita in partenza. Una volta ridotti all’osso gli iscritti ai corsi universitari di archeologia vedremo chi sarà ancora così soddisfatto del nuovo assetto e delle nuove libertà di ricerca concesse agli atenei se è vero che anche gli articoli 88 e 89 del Codice cadranno sotto la scure della riforma.

3 . La fine delle piccole cose

Qualche giorno fa è stata diffusa la notizia del taglio dei fondi del MiBACT a FastiOnline, un progetto unico nel suo genere di raccolta e condivisione dei dati sugli scavi archeologici in molti paesi, che aveva avuto uno slancio particolarmente bello con l’obbligo per tutti i concessionari di scavo di contribuire ad aggiornare la banca dati. Ma dimensione internazionale, open data, trasparenza e standardizzazione sono tutte voci assenti dal nuovo corso dell’archeologia italiana e magari qualche concessionario di scavo sarà contento di non dover più rendere conto delle proprie goffe performance sul campo. Nelle nuove, bellissime soprintendenze uniche su base interprovinciale si farà una tutela di puro cabotaggio burocratico, entro confini ancora più ristretti dei precedenti (perché, lo sappiamo benissimo, l’archeologia italiana di Stato non brilla né per ecumenismo né per ampiezza di vedute).

Qualche settimana fa tutte queste notizie mi sembravano già gravi sintomi, e non ho avuto il tempo di scrivere tutto in un unico foglio, su cui mostrarvi come unire i puntini. Le voci di corridoio si confermano sempre, e Matteo Renzi ci ha abituati a svolgere i suoi obiettivi con efficienza inumana. A breve quindi le nuove soprintendenze uniche, ancora in pieno marasma riorganizzativo, saranno trasferite sotto i nuovi uffici territoriali dello Stato, per garantire la loro totale servitù nei confronti della politica, in uno dei paesi più intrisi di corruzione e malaffare.

Rimane solo una soddisfazione: il riconoscimento che l’archeologia ha un ruolo veramente straordinario nella società, trasformativo dei rapporti di potere e di accesso al paesaggio, e questo ruolo dà fastidio a chi vuole mantenere lo status quo a proprio vantaggio. Di questo possiamo essere orgogliosi e continuare come possiamo a infastidire il popolo italiano presentandogli i frammenti del suo passato.

Immagine di copertina: Woodcut illustration of Cassandra’s prophecy of the fall of Troy (at left) and her death (at right) – Penn Provenance Project by kladcat [CC BY 2.0], via Wikimedia Commons


Commenti

8 risposte a “La fine dell’archeologia in Italia”

  1. E’ veramente emblematico che, dopo anni di silenzio, proprio dall”archeologia di Stato” arrivino gli strali contro i provvedimenti che mettono la parola fine, definitiva, ad un settore che, al contrario che in altri Paesi d’Europa e del Mondo, in Italia non è mai decollato. Per parafrasare Brecht “e vennero a prendere me, e non c’era più nessuno”: dopo essersi scannati per chi aveva il titolo di studio più bello, mentre si facevano dibattiti di lana caprina su Università, formazione e professione, ecco la fine di infinite polemiche e divisioni nel settore…la fine stessa del settore archeologico in Italia. Complimenti!

  2. Avatar Stefano Sammartino
    Stefano Sammartino

    Siamo alle solite storielle italiane ,il classico accentramento di più poteri in uno con la scusa che poi tutto funzioni come un orologio cosa che in Italia non può mai avvenire, “ci stanno tanti interessi in gioco “, tante teste di legno ,non c’è cultura ,non c’è volontà siamo un paese che nonostante ci sia il 70% dei reperti archeologici del mondo i nostri ottusi politici non pensano altro che a tagliare i fondi” È una vergogna tutta italiana”.

  3. Non era difficile capire quale ruolo avrebbe avuto l’archeologia preventiva già nel quadro del Decreto cd. SbloccaItalia. Anche a prescindere dalle disposizioni successive.

  4. […] italiana (ah! il paese della cultura, i nostri valori, le nostre statue eccetera) facesse una pessima fine, nel […]

  5. Avatar anonymous
    anonymous

    Ma perfavore… Tomaso Montanari paragonato a Settis.
    Non fai altro che criticare e critichi gli stessi che studiano archeologia o che si iscrivono oggi con un sogno delle idee un piano, ma tu chi sei?
    Parli “per il bene dell’archeologia” e ci sputi sopra.

    L’unica cosa giusta qual’è … ? Cassandra li in alto. Il sole ti ha sputato in bocca e non ti crederà nessuno con tutte le oscurità che dici, seppur dici cose su cui è giusto dialogare e ragionare così come fai, come fanno in tantissimi, con parole sporche intrise di pessimismo di infelicità, di mentalità italiana di massa (tiriamo a sopravvivere, è tutto corrotto, tanto che ci vuoi fare … ecc. ecc.)
    non fai altro che fare ciò che faceva Cassandra.

    L’archeologia? Non si merita questo pessimismo, non merita la bandiera bianca, e non merita di essere vista a compartimenti stagni come ogni cosa viene vista da persone che parlano come te o come Montanari… (uno che scrive per click per aizzare le folle .. l’hanno chiamato anche in tv a otto e mezzo 3 mesi fa… ha fatto pena) finitela di sparare cavolate e … oltre a sparare maledizioni dell’apocalisse, raccontate cosa fate voi, cosa vorreste fare voi, cosa proponete di fare ALTRIMENTI…

    dov’è la tua proposta?
    La tua proposta è dire che è tutto uno schifo che non va bene niente…

    Dovresti ringraziare chi legge queste baggianate senza che tu l’abbia avvertito prima dicendo : “è uno sfogo personale”.
    Dove sono le tue proposte alternative. Punti solo il dito. Ricordati che fine fanno quelli come Cassandra, lascia il Paese visto che credi di essere migliore, almeno cassandra diceva la verità ingigantendola, tu fai anche peggio.

  6. Avatar anonymous
    anonymous

    Non condannare a morte l’archeologia e soprattutto tutti gli ambiti che con la sua interdisciplinarità il mondo archeologico tocca, nonché l’Italia.
    C’è bisogno di tutti e anche di persone preparate.

    Se ci permettiamo di remare contro non ci faremo che attori di un risultato a noi sconosciuto e non pianificato ma da noi causato per questa controvoglia di remare tutti insieme e continuare a discutere su ciò che di meglio c’è da farsi.

    Non lasciare mai il tavolo della conversazione in questo modo.

    Dovrebbe far riflettere anche solo la risposta dell’altro giorno del ministero rappresentato da Franceschini (perché sottolineo rappresenta?) poiché non si tratta di una persona come chi non sa o vuole far sembrare qualcosa non sia (quando scrive come fai tu riferendoti a persone singole) ma di interi team di persone che prendono decisioni non persone singole… tutti contiamo, e quindi anche il singolo, certo, questo si.

    La proposta di creare un istituto centrale per l’archeologia, notizia di 3 giorni fa.
    Allora come la mettiamo? Chi vuole chiudere le porte? Non è chi ha in capo la responsabilità di governo bensì chi come te sta qui sotto e può suggerire controllare, proporre migliorare e soprattutto agire …

    Questo sbattere le porte insensato da qua qua ra qua che hanno gli atteggiamenti (NON LE PERSONE) tuoi, di montanari, di Guermandi … e via dicendo..

    Scrivere per incitare la folla, folle, senza sensibilità al dissenso senza senso (che non è dissenso) ma indottrinamento è molto molto grave.

    Essere CONTRO a priori, non spiegare più, essere pessimisti … perché dovremmo leggere queste cose? Perché educate (tirate fuori, questo è educare) negatività, mentalità pessimista, disfattismo, sconfitta a priori?

    Questo è un mondo distorto, quello che volete far sembrare è una condanna.
    Ma non è affatto così.

    Invito cordialmente a tenere per voi questo tipo di “visioni” … fumose, molto più di quelle di un governo che per la prima volta dopo decenni PENSA. (sbaglia anche come tutti in qualche caso e non può fare TUTTO PERFETTO IN UN COLPO … non sarebbe sostenibile fare tutto perfetto in un colpo.

    La cosa che spesso mi stupisce è che chi è archeologo dovrebbe avere una formazione oltre ad una visione INTERDISCIPLINARE. Ed invece voi non ce l’avete. Che archeologi siate, questo non me lo chiedo, ma mi domando come si possa non capire che non è possibile introdurre subito il motore solare o a ricarica elettrica delle automobili perché questo comporterebbe un terremoto EPOCALE.
    Perché non si può introdurre UBER ovunque subito perché avete visto cosa è successo a parigi?
    La tecnologia va piu veloce della mente umana, tant’è che l’hanno bloccata con la violenza e con l’imposizione di nuove leggi…
    Esempi che stanno a dire che le cose non si fanno tutto e subito, come Montanari, Guermandi e qualche altro pensa di voler dire si possa fare.

    Piuttosto proponete dei progetti, io l’ho chiesto anche alla Guermandi, ma Lei cosa fa in questa direzione? Lei, cosa propone di fare?

    Nel football americano si dice WIN BY THE BLITZ LOSE BY THE BLITZ (non serve aver giocato a football o capire quel gioco per sapere cosa significa: ) riferendosi a quell’atteggiamento di attacco estremo che ha la difesa ha quando non appena l’azione parte assedia il Quarterback e cerca di tirarlo giu. Se però sei troppo offensivo il QB trova scoperti degli attaccanti o l’attacco trova una via di attraversarti come un coltello nel burro, perché sei sbilanciato … ecco cosa siete voi. Sbilanciati a priori nel blitz contrario…

    Cassandre, burro, difese in eterno blitz … siete sbilanciati, non avete sostegno (argomentazioni, proposte, piani … elaboratene uno o piu ma RINUNCIANDO A QUESTO DISFATTISMO CHE ALEGGIA (per usare un eufemismo) tra le righe, perché basta fare un appunto minimamente netto e preciso al vostro discorso che il vostro castello di carte nere cade inevitabilmente.

  7. Avatar Stefano Costa
    Stefano Costa

    Grazie, una risposta chiarissima.

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